IL TEMPO DELL’EDUCAZIONE
Questo tempo estivo per le nostre comunità cristiane è caratterizzato da un grande investimento di energie nel campo dell’educazione … ricordo un incontro con Jhonny Dotti, un saggio “educatore” dei nostri tempi, avuto pochi anni fa …
Educazione e libertà, sono due parole fondamentali del nostro vivere civile, spesso non comprese nel loro significato più genuino o addirittura manipolate e svuotate di senso, banalizzate. Che definizione daresti di queste due parole e in che relazione stanno tra esse?
L’educazione, l’esperienza relazionale che accompagna il venire al mondo del “figlio”. Per “figlio” intendo “l’altro” che sta dentro di me, che non mi è indifferente, che mi ri-guarda. In questa relazione, che è una vera avventura, c’è una compromissione integrale di corpo, spirito e intelletto. Anche la libertà è una relazione.
E’ ciò che distingue e lega i pronomi personali che costituiscono la nostra persona. C’è sempre una libertà di, per, con, da, … La libertà individuale concepita in senso assoluto non esiste, è un’illusione mortifera; la mia libertà è sempre una libertà in relazione con gli altri. Educazione e libertà hanno una stretta relazione di senso. Sinteticamente utilizzerei queste parole per definire la relazione tra libertà e educazione: coscienza,
speranza, interdipendenza, ascolto, comunità.
L’educazione è un processo evolutivo, nel quale il compito degli educatori non è parlare alla persona della nostra visione del mondo, o “tentare di imporgliela, ma dialogare con lui circa la sua e la nostra. Come conciliare questo dialogo?
In questo momento, nella parte di mondo che conosco più da vicino, sul tema dell’educazione avverto innanzi tutto la confusione delle parole. In una società funzionalista, in cui il “senso” risulta persino imbarazzante, educazione e libertà per come le abbiamo precedentemente intese vivono in una costante emarginazione.
Libertà è stata ridotta a “libertà di scegliere”, chiaramente scegliere e consumare ormai sono sinonimi, scegliere tra i beni e servizi che qualche altro ha pensato per te.
E l’educazione da noi è ormai sinonimo di formazione, istruzione, addestramento, informazione, apprendimento.
Siamo molto lontani dall’esperienza di educazione come pratica di libertà. Devo dire con grande tristezza che questo oggi non riguarda solo la scuola, che ha preso ormai da decenni questa china, ma anche l’esperienza di moltissime famiglie e associazioni. L’esperienza pandemica di questi due anni ha svelato ampiamente questa perversione, tutto è stato commisurato al “dispositivo tecnico”, senza nessun margine di dialogo, riflessione e pratiche su vitali esperienze alternative di senso. Aprire e chiudere la scuola ha voluto dire nell’esperienza di milioni di bambini, adolescenti e giovani aprire e chiudere un edificio o in alternativa aprire e chiudere un dispositivo digitale. D’altro canto l’ordine sociale in cui viviamo, fondato su un immaginario di infinita volontà di potenza, è molto pervasivo con parole d’ordine molto penetranti: produrre, consumare, massimizzare, accelerare. Se libertà ed educazione devono stare in questo “concetto” è allora necessario “trasgredire” consapevolmente e ritrovare una la libertà di essere veramente “se stessi” nell’immagine creativa di Dio. Se lo scopo dell’educazione è formare uomini liberi, che non siano perciò soggiogati dal dominio di altri e da forme patologiche di dipendenza, non tutti i modelli e le prassi educative vanno bene. Ci sono
almeno due prospettive nell’educare oggi: quella del trasmettere, che spinge a una relazione formativa unidirezionale, addestrativa, orfana della reciprocità; e quella del comunicare, che prende forma nel dialogo, nello scambio e nell’arte del far emergere
il “buono”. Quale approccio si sta sviluppando di più?
Credo che l’esperienza pandemica che stiamo ancora attraversando possa anche aiutarci a tentare vie nuove. In questi anni abbiamo assistito ad una profonda decadenza del pensiero e ad una massificazione dei comportamenti sociali. Il paradosso è che in una società che storicamente non è mai stata così libera, non sappiamo che farne della nostra libertà.
Ne abbiamo anzi paura, rincorriamo continuamente dipendenze. La “libertà di” (consumare) ha completamente annichilito il senso vocazionale della vita, sfigurando la nostra unicità in individualismo narcisista.
Da tempo sostengo, e cerco di perseguire la necessità e l’importanza di dar vita a esperienze comunitarie arricchenti. Nessuno da solo ce la può fare, ma penso che l’uomo è ancora in grado di fare la differenza, che la vita ha una sua forza intrinseca. Se la tecnocrazia tende a saturare qualsiasi immaginario del possibile, ci resta l’immenso campo del necessario e dell’impossibile. In fondo nei seimila anni di storia umana sono questi due poli della realtà che hanno mosso le esperienze più significative della libertà e dell’educazione.
Anche i nostri oratori stanno offrendo esperienze comunitarie “arricchenti”, pur con tutti i limiti che possiamo sottolineare … soprattutto vogliamo abitare l’immenso campo del “necessario” (del prendersi cura dei bisogni dei più piccoli e delle famiglie) e dell’impossibile (dove non riusciamo a vedere il bene noi … la Grazia di Dio ci vede benissimo!).
Buona estate! Don Gianni